“Sii un esempio e non un critico. Non dire ai tuoi bambini, ai tuoi pari, o ai tuoi subordinati cosa fare – mostralo! E quando la lezione è finita, continua a mostrarlo dimostrando che le tue azioni sono parte del tuo carattere, non parte del loro curriculum.”
(Denis Waitley)
L’esempio
Nel mio lavoro incontro genitori che si lamentano dei comportamenti dei figli, della loro “allergia” alle regole, all’ubbidienza o all’educazione. E il più delle volte noto nei genitori gli stessi comportamenti che rimproverano ai figli.
Ho visto insegnanti arrabbiarsi per il chiacchiericcio, per l’uso del cellulare o per la poca attenzione dei ragazzi durante la lezione, e poi fare le stesse cose durante corsi, convegni o incontri a cui hanno partecipato.
Vogliamo parlare delle nostre città?
Stando a quello che diciamo, dovrebbero essere tutte perfette, tranquille, pulite, civili ed ordinate. Invece sono il trionfo del caos e dell’anarchia.
Come? Ah, già! E’ colpa del sindaco e dei cittadini maleducati e poco rispettosi. E’ sempre colpa degli altri.
E la tua auto in seconda fila? Come dici? Ah, beh! Capisco! Andavi di fretta! Cosa saranno mai soli cinque minuti! Ci vorrebbero proprio più parcheggi…
C’è sempre chi pensa di meritare deroghe ed eccezioni; chi si sente più furbo degli altri; chi è distratto, chi è assuefatto al degrado e alla maleducazione e chi nemmeno ci fa più caso; chi si sente rassegnato e impotente, e chi si aspetta sempre che sia qualcun altro ad iniziare.
Ogni scusa è buona per non passare all’azione. Ed è oggettivamente più facile notare i comportamenti degli altri che i propri. E’ più comodo aspettare che le cose cambino che impegnarsi in prima persona. Diciamoci la verità. Siamo tutti responsabili. Nessuno è immune. Parafrasando Fabrizio De Andrè, possiamo affermare che anche noi che ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti.